Le premesse per l’innesto
di traiettorie di sviluppo
a. La teoria del capitale sociale
b. Cultura civica e fiducia
c. I circoli virtuosi dello sviluppo
 
     
Una nuova immagine
del Meridione
a. Le ricerche sullo sviluppo locale
b. Le nuove politiche per il Sud
c. Cosa accade dopo l’allargamento?
 
           
 
LE RICERCHE SULLO SVILUPPO LOCALE
Alla base della nuova visione del Sud vi sono le esperienze di ricerca empirica condotte soprattutto da economisti e sociologi nel corso degli anni Novanta che, paradossalmente, proprio nel perio¬do in cui si affermava nei mass media e fra un numero consistente di abitanti del Nord la vulgata leghista del Sud parassita e assistito, mettevano in luce l'esisten¬za di realtà di sviluppo autonomo in molti esempi del Meridione. Questi lavori, spesso molto diversi per l'impianto teorico e metodologico, hanno in comune l'attenzione alle piccole imprese, alle loro aggregazioni territoriali, all'interazio¬ne fra imprese e apparati pubblici, alla realtà dell' economia irregolare . L'attenzione riservata alla diffusione di queste realtà di piccola impresa ha fatto giustizia dei pregiudizi diffusi circa l'incapacità da parte dei meridionali di fare impresa e di confrontarsi col mercato accettandone i rischi. È apparso, al contrario, tanto più rilevante l'affermarsi di queste economie ter¬ritoriali quanto più esse si inseriscono in ambienti sociali e fisici spesso degra¬dati, a cui devono sopperire il coraggio e l'inventiva di chi si impegna in attività di creazione di impresa .

Una spiegazione del perché certe aree si siano sviluppate e altre, pur partendo da condizioni simili, non lo abbiano fatto è data dalla dimensione del mercato interno dei prodotti, che ha costituito la base su cui si è costruita la capacità produttiva dei distretti, e dalla prossimità con le grandi vie di collegamento autostradale che ha facilitato le esportazioni al di fuori del distretto. Si può dire, sinteticamente, che sia stata l'a¬pertura al mercato a determinare il successo delle aree distrettuali.

A partire dall'individuazione di questi elementi di base si può ricostruire la dinamica dello sviluppo dei distretti del Sud. All' origine vi è una disponibilità, seppur minima, di risorse naturali e di fattori produttivi (soprat¬tutto capitale finanziario che può anche provenire dalle rimesse degli emigran¬ti). Tali fattori sono mobilitati da un "saper fare" che può provenire dalle tradi¬zioni produttive preesistenti, dall'imitazione di ciò che è accaduto altrove, dall'apertura culturale del sistema locale alla circolazione di idee nuove. Nascono così le imprese motrici che, se sostenute da una forte domanda locale e suppor¬tate dalla fornitura di beni pubblici di qualità (soprattutto infrastrutture, istru¬zione e legalità), possono favorire percorsi di imitazione che porteranno alla nascita di altre imprese simili oppure collocate a monte o a valle della catena produttiva. Nelle prime fasi della sua storia, la capacità competitiva del distret¬to sarà assicurata, fondamentalmente, dal basso livello dei prezzi dovuto al basso livello dei salari; in seguito cambieranno i fattori competitivi e i livelli sala¬riali cresceranno insieme alla produttività.


  Baculo , in una ricerca che può essere considerata antesi¬gnana della scoperta dello sviluppo locale meridionale, metteva in evidenza come il successo delle nuove piccole e medie imprese meridionali fosse dovuto:
• alla capacità di attuare innovazioni di processo e di prodotto; tale innovazione non si identificava con prodotti di frontiera, ma, per lo più, riguardava prodotti consolidati;
• al sapersi confrontare col mercato, spesso direttamente con quello globale senza passare attraverso il mercato locale; al processo di apprendimento collettivo e di empowerment derivante dal confronto con il mercato; fattore che consentiva un rapporto diverso degli imprenditori con le società e le istituzioni locali.

La nuova realtà produttiva meridionale appare consistente sul piano quanti¬tativo: già nel 1996 la SVIMEZ, elaborando i dati del censimento intermedio ISTAT, individuava 84 «aree di dinamismo industriale» nel Sud con 161.000 addetti. In queste aree le produzioni sono quelle classiche del made in Italy, ma le ricerche mostrano come sia riduttivo considerarle tecnologicamente obsolete (secondo il classico schema del dualismo fra settori produttivi moderni e arretrati), in quan¬to in molte realtà si osservano importanti esperienze di innovazione, soprattutto dei processi produttivi.

E se alcuni autori ritengono che tali sistemi locali possano essere considerati solo dei protodistretti, in quanto mancano tre caratteristiche fondamentali dei distretti industriali (cultura locale, istituzioni permeate da tale cultura, comunità di persone), altri evidenziano la presenza di vere e proprie realtà distrettuali in alcune regioni del Sud anche se, naturalmente, tali distretti sono il frutto di percorsi di sviluppo origi¬nali e non ha senso paragonarli alle realtà del Centro-Nord. Queste aree possie¬dono le caratteristiche fondamentali dei distretti classici; in esse, infatti, è pre¬sente una pluralità di imprese finali specializzate, di aziende che producono componenti per il sistema produttivo principale e di società di servizio; ci sono inoltre numerosi rapporti commerciali fra aziende finali e aziende di fase.

Viesti , elaborando i dati ISTAT sui Sistemi locali del lavoro, indivi¬dua venticinque distretti industriali presenti in quasi tutte le regioni meridiona¬li, con 107.000 addetti, 13.000 unità locali e circa 13.000 miliardi di lire di fattu¬rato. Queste realtà di sviluppo territoriale sono solide, con un alto rapporto fat¬turato/addetti, un'occupazione in crescita o stabile, una notevole capacità di esportazione.
  Inoltre se per molti prodotti i distretti meridionali appaiono mar¬ginali nella gerarchia dei sistemi locali italiani, per alcune produzioni l'impor¬tanza, anche nazionale, dei sistemi meridionali è di tutto rispetto.

Molteplici sono le analisi che cercano di determinare i fattori che possono spiegare la nascita di queste realtà di sviluppo locale. Viesti indi¬vidua, sul piano teorico alcune condizioni che sono alla base della nascita dei distretti industriali: la disponibilità di risorse e fattori produttivi; la presenza di un'adeguata capacità tecnologica; l'azione di una o più imprese motrici che fanno da battistrada alla nascita delle altre imprese; l'esistenza di una consisten¬te domanda locale dei beni prodotti dalle aziende del distretto; l'esistenza di fat¬tori di competitività che all'inizio saranno dati dal prezzo dei prodotti e poi, se si innesca un circolo virtuoso, saranno costituiti dalle caratteristiche di innova¬zione e di qualità dei prodotti stessi.

La ricostruzione della storia dei distretti meridionali consente di affermare che alcune delle condizioni prima elencate hanno avuto un ruolo molto limitato nella loro nascita; in particolare sembrano aver contato poco: la dotazione di fattori produttivi, l'eredità storica costituita dalle tradizioni pro¬duttive delle aree, le politiche di industrializzazione con la conseguente maggio¬re disponibilità di tecnologie, il mercato del lavoro con la disponibilità di mano¬dopera a basso costo, il decentramento produttivo.
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