Le premesse per l’innesto
di traiettorie di sviluppo
a. La teoria del capitale sociale
b. Cultura civica e fiducia
c. I circoli virtuosi dello sviluppo
 
     
Una nuova immagine
del Meridione
a. Le ricerche sullo sviluppo locale
b. Le nuove politiche per il Sud
c. Cosa accade dopo l’allargamento?
 
           
 
CULTURA CIVICA E FIDUCIA
Dopo Coleman, il concetto di capitale sociale è stato spesso utilizzato come fat¬tore esplicativo dello sviluppo. Le riflessioni che più hanno influenzato il dibat¬tito su questo tema sono state quelle operate da Putnam e da Fukuyama , che hanno dedicato maggiore attenzione al legame fra capitale sociale e sviluppo e hanno sottolineato le dimensioni valoriali e culturali derivanti dalla storia dei sistemi sociali.

Putnam ha spiegato le differenze nel rendimento istituzionale delle regioni italiane a partire dalla loro dotazione di capitale sociale. In Putnam, però, que¬st'ultimo termine assume un valore particolare: designa, infatti, le caratteristiche dell' organizzazione sociale, cioè il tessuto di norme e valori che la permeano e le reti di associazionismo che la compongono, le quali promuovono l'azione col¬lettiva e la cooperazione. li capitale sociale è, insomma, l'insieme dei valori pre¬senti in un dato contesto sociale, quali la fiducia, la tolleranza, la solidarietà, ele¬menti che formano la cosiddetta civicness.

Queste relazioni di solidarietà e cooperazione, in quanto producano capitale sociale, devono estendersi al di là delle reti familiari e parentali. In questo senso, il concetto di cultura civica appare specularmente contrappo¬sto a quello di "familismo amorale" reso famoso da Banfield negli anni Cinquanta. Va sottolineato che per Banfield, il familismo si basa sul principio di massimizzare i vantaggi a breve termine del nucleo familiare. La presenza della cultura del familismo è quindi ritenuta la causa della mancata mobili¬tazione del Mezzogiorno d'Italia per affrontare la sua arretratezza economica.

Putnam sostiene anche che i differenti rendimenti istituzionali e i diversi livelli di svi¬luppo economico delle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord dipendono dalla minore presenza di capitale sociale e dalla sua natura. Non tutte le reti di relazioni sono, infatti, favorevoli allo sviluppo. Solo le reti sociali orizzontali, che legano individui dotati di medesimo status e medesimo potere, favoriscono la fiducia e la cooperazione. Le reti verticali, caratterizzate da relazioni asimme¬triche, non producono invece gli stessi effetti sociali.


  È, inoltre, necessario che le relazioni di fiducia e cooperazione si estendano dalla cerchia parentale a retico¬li sociali orizzontali più complessi, diffondendo così norme di reciprocità gene¬ralizzata.

L'origine di tali reticoli e di tali norme viene da Putnam ricercata nella lunga durata storica. L'assenza dalla civicness troverebbe le sue origini nella diversa storia del Mezzogiorno rispetto al Nord a cominciare dal XII secolo, quando, mentre al Nord si costituivano i liberi Comuni, nel Sud si affermava la monarchia normanna, certo progredita dal punto di vista economico e culturale, ma carat¬terizzata da una struttura sociopolitica feudale tendenzialmente burocratica e assolutista.

Da allora nella penisola italiana si sono formati due sistemi sociali differenti, che sarebbero evoluti secondo logiche contrapposte, cristallizzandosi in culture e istituzioni di tipo orizzontale al Nord e verticale al Sud.
Ad esempio, nello studiare le ragioni del successo dei distretti industriali italiani del Centro e del Nord-Est, è riduttivo pensare che esso possa essere spie¬gato unicamente dalla pur notevole presenza di capitale sociale . E’, invece, necessario considerare i fattori macroeconomici che lo hanno facilita¬to (non è un caso che i distretti si affermino alla fine del grande periodo di espansione economica italiana del dopoguerra) e la presenza consistente di capitale sia umano e sia finanziario.

Altrettanto importante è considerare che la fiducia e il capitale sociale posso¬no prodursi ex novo quando si verifichino nuove tipologie di relazioni sociali o, al contrario, possono consumarsi quando siano usati in chiave esclusivamente stru¬mentale (così come, secondo Weber , i beni esteriori si trasformano in una gabbia che finisce per far sparire la radice dell' etica puritana da cui era nato il capitalismo).
  Le stesse ricerche empiriche sulla relazione tra fiducia, capitale sociale e crescita economica ci spingono ad adoperare modelli causali più complessi della semplice relazione unidirezionale tra fiducia/capitale sociale e sviluppo. A tal proposito, uno studio della Banca Mondiale propone un quadro di riferimento concettuale per interpretare lo sviluppo in cui il rapporto tra fattori socio culturali e crescita economica è mediato dalle modalità di fun¬zionamento delle istituzioni politiche. Innanzitutto, viene adoperato il concet¬to di coesione sociale al posto di quello più ambiguo di capitale sociale.

Le dimensioni principali della coesione sono: i tassi di partecipazione associativa, la fiducia negli altri componenti della società, la distribuzione del reddito fra le diverse classi, l'eterogeneità etnica e linguistica. Naturalmente ciascuna di que¬ste grandezze è correlata positivamente con i tassi di crescita economica, anche se in misura diversa. Le ultime due: la distribuzione del reddito e l’eterogeneità etnica e linguistica correlano in misura maggiore, mentre molto debole appare la correlazione della prima: i tassi di partecipazione associativa, che è forse la più classica unità di misura del capitale sociale. Ma è soprattutto interessante notare come il rappor¬to fra coesione sociale e sviluppo sia mediato da un'altra variabile fondamenta¬le che è la qualità delle istituzioni politiche.

La coesione sociale, cioè, è la condi¬zione ambientale che consente la costruzione di istituzioni più solide, più demo¬cratiche e più orientate al bene comune, non condizionate della difesa di inte¬ressi particolaristici. È la performance di queste istituzioni che poi spiega più direttamente lo sviluppo economico di un paese.
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