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La Calabria, come l’intero Meridione, ha sempre sofferto la presenza
sul proprio territorio di organizzazioni malavitose che hanno arrestato
e ostacolato un equilibrato sviluppo socio – economico. |
L’incremento si concentra soprattutto
in Campania (da 47 a 75) e in Calabria (da 17 a 26), regioni dove si sono
registrati oltre i tre quarti del totale degli episodi. Nel corso del 2003
si sono registrati 12 provvedimenti di scioglimento di consigli comunali
per infiltrazione e condizionamento mafioso (8 in Calabria, 1 in Campania
e 3 in Sicilia), seguiti da altri 6 provvedimenti nei primi 11 mesi del
2004 (1 in Calabria, 2 in Campania e 3 in Sicilia).Gli attentati dinamitardi
e incendiari (fortemente sintomatici di una pressione estorsiva e/o intimidatoria
sul territorio da parte della malavita organizzata) crescono nel Mezzogiorno,
con una quota che supera il 90 per cento del dato nazionale nel 2003. Anche in questo caso gli episodi appaiono legati ad alcuni territori specifici: la sola provincia di Reggio Calabria (228 episodi) supera nel 2003 il 15 per cento del dato nazionale; se si considerano anche le province di Vibo Valentia (149 episodi) e Catanzaro (67 episodi), si raggiunge circa un terzo di tutti i reati di questo tipo. Un’ulteriore ricerca fornita dal Dipartimento Politiche per lo Sviluppo del Ministero del Tesoro afferma che il 14,2% delle imprese del Nord che hanno già investito al Sud vedono nella presenza della criminalità nel territorio meridionale una “difficoltà superiore alle previsioni”. Mentre questo dato sale al 23% per le imprese del Nord che hanno in progetto di investire nel Sud. E’ questo un indicatore che può essere preso come assoluto, oppure è solo rilevatore di un disagio, è la punta di un iceberg sommerso ? |
La ricerca non dispone di altri strumenti e dati,
anche perché dai colloqui qualitativi è emerso che nessuna
delle imprese già presenti nel Sud avrebbe infatti lamentato la presenza
di fenomeni significativi per quanto riguarda l’azione della criminalità
“organizzata” o, anche, di quella “comune”. In quest’ultimo
caso i danni subiti (soprattutto con piccoli furti di attrezzature, specie
nella fase di realizzazione dello stabilimento) non sarebbero superiori
a quelli ai quali le aziende del Nord sono abituate nei loro territori. Non sembrano esservi problemi particolari per le imprese insediate nel Sud neanche nello svolgimento dell’attività di selezione della manodopera, o nell’attività di relazione con il tessuto locale per la commercializzazione e distribuzione dei prodotti. Tuttavia è proprio dall’incrocio fra i dati quantitativi e quelli qualitativi che potrebbe emergere l’ambiguità di questi elementi, e la stessa difficoltà delle imprese a parlare più chiaramente del tema. Questi elementi raccolti sul tale argomento devono comunque essere considerati con molta cautela anche perché il campione delle imprese intervistate al Sud è stato interamente selezionato all’interno di contesti locali particolarmente presidiati come quelli dei Contratti d’area. Tale carattere peculiare ha certamente concorso a caratterizzare il risultato, pur con tutte le considerazioni prima esposte. In molti casi poi, si è sottolineata, al di là della buona volontà, la persistenza di difficoltà operative delle forze preposte alla prevenzione e alla tutela dell’ordine pubblico nell’esercizio delle loro funzioni di presenza e di vigilanza nelle zone industrializzate. Assai frequente, in proposito, è pertanto la necessità di ricorrere a servizi di vigilanza privata con i quali è risultato più agevole stabilire, a pagamento, misure di servizi adeguati alla sorveglianza e alla sicurezza richiesti. |
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